Stories & Reflections
Il sermone di un prete peruviano
Nel mio libro “L’Alchimista”, il giovane pastore Santiago incontra a un certo punto un vecchio in una piazza. Egli è in cerca di un tesoro, ma non sa come raggiungerlo. Il vecchio si mette a conversare:
– Quante pecore hai?
– A sufficienza – risponde Santiago.
– Allora siamo davanti a un problema. Non posso aiutarti finché riterrai di avere pecore a sufficienza.
Basandosi su questo brano, il prete peruviano Clemente Sobrado fa un’interessante riflessione, che trascrivo qui di seguito:
Uno dei maggiori problemi che tutti ci trasciniamo nella vita è il fatto che vogliamo credere di avere “pecore a sufficienza”. Ci circondiamo di certezze, e cosí¬ nessuno desidera che ci si presenti qualcun altro proponendo qualcosa di nuovo. Magari potessimo avere almeno il sospetto che non possediamo tutto, né che siamo tutto cií² che potremmo essere!
Puí² capitare che ci si trovi davanti a un problema gravissimo, e, pur avendo l’opportunití di aiutarci l’un l’altro, la verití è che poca gente si lascia aiutare.
Perché? Perché si crede di avere gií “pecore a sufficienza”. Gií si sa tutto, si ha sempre ragione, si sta comodi nelle proprie esistenze.
Quasi tutti noi siamo cosí¬: abbiamo molte cose e poche aspirazioni. Abbiamo molte idee gií definite e non vogliamo rinunciarvi. Il nostro schema di vita è gií bene organizzato, e non abbiamo bisogno di nessuno che venga a provocare un cambiamento.
Preghiamo gií a sufficienza, facciamo la carití , leggiamo le vite dei santi, andiamo a messa, facciamo la comunione. Un amico mio, una volta, mi disse:
– Non so perché la sto cercando, padre. Io sono gií un buon cristiano.
Quel giorno, non riuscii a udire questo commento senza dare una risposta:
– Allora non venire a cercarmi, perché ho tanta gente che mi aspetta ed è piena di dubbi. Ma vuoi sapere una cosa? Tu non sei cattivo a sufficienza per essere cattivo, né buono a sufficienza per essere buono, né santo a sufficienza per fare dei miracoli.
“Sei solo un cristiano soddisfatto di cií² che ha raggiunto. E tutti quelli che sono soddisfatti, in realtí hanno rinunciato a migliorare sempre. Ne parliamo un altro giorno, d’accordo?”
Da allora, quando ci sentiamo per telefono, egli comincia dicendo: “Qui parla una persona che ancora non è cresciuta quanto potrebbe”.
Signore, dacci sempre un cuore indoddisfatto.
Dacci un cuore in cui possano manifestarsi le domande che non vogliamo mai fare.
Togli dal nostro cuore il conformismo.
Che noi possiamo sentire il piacere di cií² che abbiamo, ma capire che questo non è tutto.
Che possiamo capire che siamo persone buone.
Ma, soprattutto, che possiamo domandarci sempre in che modo poter migliorare.
Perché, se ci poniamo questa domanda, è possibile che Tu venga e ci apra orizzonti che prima non riuscivamo a scorgere.
Hakone, Giappone
Ottengo che il mio editore, Masao Masuda, finalmente mi inviti alla tradizionale cerimonia del tè. Ci rechiamo su una montagna vicino ad Hakone, entriamo in una piccola stanza e sua sorella, indossando il rituale kimono, ci serve il tè.
Solo questo. Eppure, tutto viene fatto con tanta serietí e tanto protocollo che una pratica quotidiana si trasforma in un momento di comunione con l’Universo.
Il maestro di tè, Okakusa Kasuko, spiega cií² che avviene: “La cerimonia è l’adorazione del bello. Tutto il suo scopo è concentrato nel tentativo di raggiungere la Perfezione attraverso i gesti imperfetti della vita quotidiana. Tutta la sua bellezza consiste nel rispettare le cose semplici che facciamo, poiché esse possono portarci fino a Dio”.
Copacabana, Rio de Janeiro
Sto camminando sul marciapiede e sento una ragazza dire a un’altra, in tono convinto: “Io ho programmato la mia vita cosí¬…”
Mi sono ritrovato a pensare: ma starí tenendo conto delle cose che si presentano proprio quando non ce le aspettiamo? Avrí pensato che Dio, forse, ha un piano differente, e molto pií¹ interessante? Avrí considerato seriamente l’ipotesi che – includendo altre persone nel suo programma – sta interferendo in idee e progetti distinti?
Non so se quella frase che ho udito fosse frutto dell’inesperienza o del delirio totale.
Melbourne, Australia
Mi avvio sul palco con l’apprensione di sempre. Uno scrittore locale mi presenta e comincia a pormi delle domande. Prima che io possa terminare un ragionamento, lui mi interrompe e mi fa una nuova domanda. Quando rispondo, dice qualcosa tipo “questa risposta non è molto chiara”. Dopo cinque minuti, si nota un certo malessere nella platea. Mi viene in mente Confucio, e faccio l’unica cosa possibile:
– A lei piace quello che scrivo? – domando.
– Questo non c’entra – risponde. – Sono io che la sto intervistando, e non il contrario.
– C’entra, eccome. Lei non mi lascia concludere un’idea. Confucio disse: “Ogni qualvolta sia possibile, sii chiaro”. Cerchiamo di seguire questo consiglio e mettiamo le cose in chiaro: a lei piace quello che scrivo?
– No, non mi piace. Ho letto solo due libri, e li ho detestati.
– Bene, ora possiamo continuare.
Adesso i campi erano definiti. La platea si rilassa, l’ambiente si carica di elettricití , l’intervista si trasforma in un vero e proprio dibattito, e tutti – compreso lo scrittore – sono soddisfatti del risultato.
Nell’aereo da Melbourne a Los Angeles
Ritaglio dalla rivista di bordo il pezzo attribuito a Loren Eisley:
“Il viaggio è difficile, lungo, a volte impossibile. Pur tuttavia, conosco poche persone che si sono trattenute a causa di queste difficoltí . Siamo entrati nel mondo senza sapere bene cií² che è accaduto in passato, quali sono le conseguenze che esso ci ha portato, e che cosa puí² riservarci il futuro.
“Cercheremo di spingerci il pií¹ lontano possibile. Ma, guardando il paesaggio che ci circonda, sappiamo che non sarí possibile conoscere e apprendere tutto.
“Allora, non ci resta che ricordare tutto del nostro viaggio, cosí¬ da poter raccontare delle storie. Ai nostri figli e nipoti racconteremo le meraviglie che abbiamo visto e i pericoli che abbiamo corso. Anch’essi nasceranno e moriranno, narreranno le loro storie ai loro discendenti, e la carovana non sarí ancora arrivata alla sua meta.”
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